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lunedì 10 ottobre 2011

da qui che si impara

So che indietro si torna sempre e so che non ritrovi mai quello che indietro hai lasciato come indietro l'hai lasciato, esattamente come so che quella porta era un senso unico. So anche che se non posso mantenere in vita il tanto che senza troppa convinzione, prima, con violenza inarginabile, poi, m'era cresciuto attorno e addosso, quel tanto saprà fare a meno di me. Quindi so che il vincolo a una promessa mi impedisce di farne un'altra e l'ennesima ferita brucerà per mesi per questo, e solo da quanto t'ho stretto a me potrai capire quanto. So che il bello che ci si è edificato sopra resta bello, è tutto il resto che fa schifo. E' la proporzione tra i due a essere profondamente ingiusta.

domenica 28 agosto 2011

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Mi ripeto in testa il più semplice dei motivetti in modalità più automatica che posso. Il più inutile pensiero in testa in un circolo compulsivo per scacciare – schiacciare – tutti gli altri. Via quelle immagini da dietro gli occhi. Via tutte, subito. Resettatemi la memoria a breve termine, fatelo a impulsi ogni minuto. Vi prego.
Brividi dal mare caldo, nero, dai piedi al ventre. La luna in decrescita che non l’avresti creduto ti rischiarasse ancora le mani, così vuote. Il respiro accanto al tuo a darti il tempo che maledici.
Sempre così freddo, prima dell’alba. Sempre così buio. Un cimitero di lattine.

mercoledì 10 agosto 2011

martedì 5 luglio 2011

fiona, una storia di abbandono


Fiona batte bandiera maltese quando, con le ultime gocce di gasolio, l'armatore estone ordina agli undici dell'equipaggio il rifornimento al porto di Ancona. Salpati da Ravenna, restano a secco prima del gomito dorico. Rimorchiata e condotta al molo nord, Fiona non trova né carburante ad attenderla né denaro per tornare a casa. E' il 2009, l'armatore di Tallin scompare e i 72 metri da carico con i suoi russi e ucraini e estoni a bordo sono abbandonati all'ombra dell'arco di Traiano.
C'hanno messo due mesi a rimpatriare, i marittimi. Ma Fiona è ancora lì, arrugginita in un infinito fin di vita al molo nord.

martedì 17 maggio 2011

osservazione superficiale inutile

Dopo il quanto, è il caso di ricordare il dove, perché l'after day non sia il day after e i piedi restino saldamente piantati nella melma di ieri e domani.
Quindi, non per desaturarvi quel comprensibile patetico sorriso giacché non c'è un cazzo da ridere e mica da ora, ma quel dove è dove su dieci autoctoni potenziali otto sognano e/o progettano e/o sono in procinto di e/o non aspettano altro e/o rimpiangono una fuga sia alla terza che alla quindicesima tazza, e forse sono i più fortunati; uno ha il documento di viaggio in tasca e uno non gestisce più le connessioni logiche minime per collegare orrore e nuova vita come causa e soluzione del suo non riuscire nemmeno più a imprecare una delle tante vane divinità che disperate etnie hanno sovrapposto alla più squallida di substrato per non farlo schiodare dai 236mslm.

giovedì 13 gennaio 2011

quanto non mi sei mancata

Quando m'hai lasciato a piedi nei meno dodici di Asgard io non pensavo a te, quando hai preferito abbracciare un autocarro piuttosto che farti abbracciare da me io ho rinnovato la promessa di odiarti, quando ho avuto sotto al culo spazzatura giapponese e perfino giocattoli per bambini d'italica fattura mi sono trovato più a mio agio che non sopra la tua obesa scocca che se i tuoi produttori costruivano carri armati nel tuo deprecabile DNA ne porti ancora le tracce, quando ubriaco e solo e al freddo e al buio e su strade sconosciute di un luogo ostile tra vegetazione da tundra e lupi e fottutissimi cinghiali e il sole a picco solo su emisferi e meridiani opposti ai miei ho calcolato tra il passo appena mosso e il letto più chilometri di quanti ne contavo vedendo ottuplice su una mano ho preferito l'orrore al riaverti ai miei piedi.