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lunedì 4 novembre 2013

giornimesiannimillenni

Non erano molte le costanti, qualcuna ambientale - cielo terso, aria secca, sole alto. La dorsale appenninica a circondarmi - e poche altre - endogene - a combinare quei colori nel riflesso impresso dietro gli sugardi spaventati, nel tremore della prospettiva che si faceva ogni giorno più corta, nella rassicurante certezza che qualcosa finiva. Lasciarsi scivolare addosso eventi e momenti, assorbire i silenzi, capitalizzare i trascorsi e catalizzare la sintesi in un'altra direzione, allora ignota ma pressante, tracciata senza nome o aggettivi, era una di quelle operazioni complesse che - nel migliore dei casi - codifichi a posteriori come slittamento di conseguenze alla base di un'interpretazione che si è messa in piedi da sola, in quanto nata e cresciuta in ginocchio alle dipendenze di chi ne ignorava la presenza e ne scongiurava l'esistenza. Nel migliore dei casi. S'è verificato il peggiore.