tag:blogger.com,1999:blog-59962860205792117082024-03-13T06:08:58.469+01:00sanzevereizproudDerupeProd-236mslmsanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.comBlogger44125tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-23210678055991482402021-06-09T12:34:00.010+02:002021-06-09T12:44:19.438+02:00cicatrici<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqjxMq1NQHX2_hz0eMt31KJTBnUlF90lUQaV7Y2fIUVR0WXeQLDgJDMA5uhbE1op0g2XEL2-WiAZvtdBI2j6joRZ-OivbQF1dlOTB-z6ABUyH_53cJEizVS1g-YEpg5SWAGY6kguBEJVs/s2048/IMG_20210609_123107219.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" style="width:97%;height:auto;margin:0 auto;" data-original-height="1963" data-original-width="2048" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqjxMq1NQHX2_hz0eMt31KJTBnUlF90lUQaV7Y2fIUVR0WXeQLDgJDMA5uhbE1op0g2XEL2-WiAZvtdBI2j6joRZ-OivbQF1dlOTB-z6ABUyH_53cJEizVS1g-YEpg5SWAGY6kguBEJVs/s320/IMG_20210609_123107219.jpg"/></a></div>
Una riunione di lavoro come tante, come tutte, con il suo carico di sospensione temporale nell'inutilità dell'insignificanza dell'oggetto. Lo sguardo che di nascosto si rifugia dal cielo bianco ai tetti agli alberi in cerca di ossigeno. Il mio corpo a un metro da me.<br />
Nulla che valga la pena notare, nulla che valga la pena ricordare. Solo procedura. Gli occhi veloci cercano rimedio al sonno del pomeriggio che si trascina stanco. La luce opaca del cielo di maggio sfonda le pareti.
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<br /><br />Poi quella mano sinistra, la tua mano sinistra. Sono mesi che lavoriamo assieme, il distanziamento non c'è mai stato se non forse il primo giorno, ma mi sembra sia questa la prima volta che la vedo, la tua mano. Di sicuro, la prima volta che la noto. I movimenti da teatrante, le dita forti ma delicate, aperte, la pelle chiara e le curve sinuose.<br />
Quella cicatrice sul dorso. Lunga, dritta, profonda, bianca. Un taglio, di sicuro. Mi sembra di sentirne il dolore della carne squarciata. Vorrei conoscerne la storia, vorrei chiederti di raccontarla. Perché ci rivedo le mie, di cicatrici. Ci rivivo quella sofferenza.<br /><br />
In questa situazione di passaggio, in cui me ne resto come un operaio qualsiasi che non ha a cuore né lavoro né clienti e si limita alla mera ripetizione di movimenti estranei su un macchinario che non gli appartiene, questa cicatrice la porterò come un ricordo.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-4788749584448894982016-04-30T17:04:00.000+02:002016-08-02T17:07:51.726+02:00radici<div class="separator" style="width:96%;clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkNr7nmB_0yPot0_aNDwChg3es74ATzebUnZir-CR7YJw087xnemvpjfA2TMwaxkrS9W8lSm9G7aqy42tTVYJlXAg5r7IaK_1lGsz1ZWoaWgqiPuGu0IDGYOHYcAszYJWj52wbbFjMndU/s1600/WP_20160425_007.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkNr7nmB_0yPot0_aNDwChg3es74ATzebUnZir-CR7YJw087xnemvpjfA2TMwaxkrS9W8lSm9G7aqy42tTVYJlXAg5r7IaK_1lGsz1ZWoaWgqiPuGu0IDGYOHYcAszYJWj52wbbFjMndU/s320/WP_20160425_007.jpg" style="width:100%;height:auto;" /></a></div>
<p>Una luce bianca permea queste ore primaverili di transizione e attesa; un tappeto bianco di margherite, bianco il cielo. I cicli di vita in un fermo immagine, esistenze che si affiancano e si accompagnano e si allontanano e si avvicendano.<br />Le prime foglioline spuntano dal fusto minuscolo, quel verde come una risposta alla tanta cura di tanti mesi. Quando avrai la mia età quel fusto resisterà a venti ed elementi, ma oggi e domani sarò io a proteggerlo.<br />
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Io e te staremo assieme per sempre. PER SEMPRE. Sono passati vent'anni, c'ha messo tanto la vita a rispondermi. Oggi so come e dove parlare di <i>per sempre</i>.<br />Non ho occhi che per te, non vivo più per altro. Delle quattrocentosettanta lune sulle spalle non percepisco più che la <i>lunghezza</i>. La brevità da qui alla fine non m'ha mai spaventato, ma non m'ha reso la vita migliore.</p>
<p>Le lacrime agli ospedali sono uguali in tutti gli ospedali; ammesso che ne esista una misura accettabile ne ho viste troppe. Mani che stringono mani a novant'anni come a venti settimane. Ho imparato due parole nuove e ne ho dimenticate centinaia.<br />Ho bisogno di toccarti. Sono trascorsi mesi e ancora non riesco a staccarmi, forse non ci credo ancora del tutto.</p>
<p>Resisto alla tentazione di raccogliere una margherita. Il suo posto è a terra, le sue radici qui.<br />Non so dove metterai radici, Giona, ma so che il resto della vita lo passerò a proteggere quel pezzo di terra. Non importa dove, né quante volte quel dove si farà altrove. Quando non avrai più bisogno di confini e correrai nel vento non ricorderai queste montagne, riconoscerai i miei occhi che non hanno più lasciato i tuoi.</p>
sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-90158257048529595862014-07-30T17:58:00.000+02:002014-07-30T17:58:33.898+02:00memoria di un silenzio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiE6cNTDbP8_aL9r8OhXzeBpZf5IzF-CbJqNqOmiT9il2ZlrjwhXA4Bj3-SSejeBg_YnRfE0hWWbwP0xCS0QBOSgvJJinaOszu-QJ4r13Xt12RcyoLDVhSgp4o0Nwl3CyhYMlH1RG_qPUM/s400/anconadocks.jpg" /></div><p>Bevemmo troppo quella notte. Non troppo più del solito, ma <i>troppo</i>. I nostri soliti erano già oltre livello, capitava sempre più di frequente in quei giorni sospesi tra tempo e spazio. Non eravamo più giovani da anni, da anni lo riconoscevamo, da anni lo ignoravamo.<br />
<a name='more'></a>
Il tuo sguardo assente tra me e qualcosa alla mia sinistra che non c'era. Ho conservato quello sguardo. L'avanzata edace degli eventi ci separò non molti giorni dopo, la clessidra si infranse e non ci saremmo più incontrati. Esattamente come per anni non ci rivedemmo prima di non troppo prima di allora. A nessuno dei due sono mai piaciute le mezze misure.</p>
<p>Non lo so perché te lo chiesi; avessi saputo che non t'avrei chiesto altro da lì a nessuno può dire quanto non so se l'avrei fatto. Per quanto parlare di <i>intenzionalità</i>, a quell'ora di un mattino che stentava a nascere, le schiene sfinite ai margini di una città impaurita dall'estate che stava per esploderle attorno, l'Adriatico che iniziava a perdere il suo nero piccolo piccolo tra i palazzi dei quartieri alti sul porto, ecco, parlare di domande poste perché lo si voleva lo sapevamo entrambi quanto sarebbe stato fuori luogo.
<br />Rispondesti che era la donna della vita. Che non vi mancava nulla, che l'uno era quanto l'altra potesse desiderare e viceversa, addirittura che avevate chiuso il cerchio. Addirittura. Che tutto era stato perfetto.
<br />Che la perfezione di quella storia non venne meno neanche nel silenzio che l'accompagnò nel passato.</p>
<p>La città ancora dormiva, lampeggiavano i semafori e quella stanza spoglia era troppo grande per noi due. Un silenzio lancinante. Non l'hai mai saputo spiegare, il perché. Non <i>te lo hai</i> mai saputo spiegare, non l'hai voluto. Ma sono trascorsi anni, non t'ho più visto né sentito e ti voglio bene come quel primo giorno decenni fa. Potrei ricordarti in mille e mille momenti migliori, ma è la semplicità di quella resa che se ne sta lì, avanti a tutto il resto, quando ti penso.</p>
<p>Bevemmo semplicemente troppo quella notte. Non lo so perché lo ricordo oggi, le combinazioni mnemoniche hanno loro leggi imperscrutabili. Per fortuna. So però che ho bevuto troppo anche ieri e anche troppi altri ieri e quei silenzi ho imparato a rispettarli come assenze, come trascorsi. Mi piace pensare sia la parola <i>fine</i> a rendere eterna una storia, sia il silenzio che la segue a tenerla viva.
<br />Dei silenzi, di <i>certi</i> silenzi, ci si può fidare. Il mio silenzio ti accompagni. Il tuo l'ho sempre sentito vicino. Tra me e qualcosa alla mia sinistra che non c'era, finché non mi sono voltato.</p>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-90804966602978322292014-04-15T14:42:00.000+02:002014-04-15T14:47:04.939+02:00la Revolución sigue<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5KyWhu6E3Kjh_1Bd4mS14UvuMhJBKrHRg1QrtfG6OFh7plBVg-cmVNbYKqPpO3GbgxKiCdRznscwyhcTdzgIQMLfdUhGyL7lPlY-Nx1sTRWYPGKZ82lOAg3Wms1wpc4DIc5Yd310IRDI/s1600/lrs.jpg" /></div><div><p>Opacità uniforme sopra gli stabili. Serrande abbassate, vetrine sprangate, corridoi densi di rimbombi che avvolgono sguardi smarriti dietro passi incerti. Movimenti assorbiti da un vuoto che ha spinto la vita altrove. Oggi la mancanza supera l'odio.
<br />Il distacco segna lo scorrere dei minuti. Il lamento circolare dei motori dei macchinari da lavoro ne scandisce il battito.
<a name='more'></a>
<br />Il meteo prevede pioggia, il vapore che sale dall'asfalto è denso. Vento teso porta con sé sapori adriatici e risveglia ricordi atlantici. Quell'oceano che ora hai di fronte, quella storia che tocchi con mano che tra non molto sarà solo, appunto, storia. Non lo è mai quando la vivi. Voglia di incorniciare foto in cui alla coppia manca un pezzo, poterti immaginare su sfondi che fuori dal monitor avranno anche altri colori, sì, ma soprattutto hanno te davanti. La bellezza è veloce come la felicità. Non cercarla dove l'hai incontrata una volta, lì non tornerà più. Forse nemmeno la ritroverai, ma il solo fatto che esista e che tu lo sappia ti ha reso libera.
<br />Poi quei cieli li dimenticherai, quando pendii scuri e campi allagati saranno i migliori orizzonti possibili da immaginare. E' quell'idea di libertà che ti resterà tra i denti, senza una definizione per trasmetterla ma presente dietro ogni sorriso. Io saprò riconoscerla.</p>
<p>Pensieri accavallati a deliri nel febbricitante dormiveglia mentre le luci che filtrano dalla serranda acuiscono un contrasto atteso da ore insonni. Lo capisci quando sei solo quanto non sei solo. Non lo so se c'è da esserne felici. Ora no. Profumo di migrazioni nell'aria intrisa di velocità, leggera dopo l'umidità rimasta aggrappata alle vallate dell'entroterra. Un'esplosione di luce apre in due l'Occidente al tramonto. Settant'anni fa, sotto lo stesso tramonto, la paura di diciottenni oggi in fin di tutto fuorché ricordi e lacrime. Decenni rimessi assieme come meglio si poteva dall'amore di dita sopravvissute, dall'ostinazione rabbiosa di chi all'orizzonte vede l'avanzata delle sabbie del tempo e cerca di esserne più veloce, sapendo di non riuscirci. Meritavate più di ogni altro una rivoluzione, vi abbiamo consegnato all'oblio. La storia non ce lo perdonerà.</p>
<p>Un novembre infinito perenne a temperatura variabili. Un'esperienza interiore da guerriglia tra scheletri permeati dagli anni e recinzioni arrugginite dove rimaneva spazio incolto tra le mura che un secondo definitivo abbandono ha riconquistato. Rumori riprodotti e voci mediate da apparecchi si spandono nelle strade parcheggio dalle finestre appena aperte su un'inutile mattinata qualsiasi di sospensione. Un cambio di stagione si nasconde dietro i significati spostati troppo prima del mercurio nella colonnina. Stai tornando da me e non mi servono più risposte.
<br />Avanzi di pasti frugali sulle panchine di una periferia qualunque di un centro senza periferie di un nonluogo senza un centro. Non saprei dire dove, ma <i>intorno</i> percepisco bellezza. Sbiadita, stanca, ma attuale. Siamo stati creati liberi, liberi resteremo. Il bianco delle margherite resiste all'erba alta, resiste ai rifiuti.
<br />Chi ha servito la rivoluzione ha arato il mare.</p>
</div>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-69987428993642811192013-11-04T17:36:00.001+01:002013-11-04T17:42:00.639+01:00giornimesiannimillenni<div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyLbi7wp_-iBPVloG9GPEhT5yF2ahbm_ryzrto2g64Z2M650qrmZLHVMxBTyxbsGGd03NW-_mSRV9Wie_QRsnd11xbekkc-wBOOu_a6QZJWuCulTe2WSJzbs5rK73zROxfT2FGWSJsq1o/s1600/12112012.jpg" /></div>
<p>Non erano molte le costanti, qualcuna ambientale - cielo terso, aria secca, sole alto. La dorsale appenninica a circondarmi - e poche altre - endogene - a combinare quei colori nel riflesso impresso dietro gli sugardi spaventati, nel tremore della prospettiva che si faceva ogni giorno più corta, nella rassicurante certezza che qualcosa finiva.
Lasciarsi scivolare addosso eventi e momenti, assorbire i silenzi, capitalizzare i trascorsi e catalizzare la sintesi in un'altra direzione, allora ignota ma pressante, tracciata senza nome o aggettivi, era una di quelle operazioni complesse che - nel migliore dei casi - codifichi a posteriori come <i>slittamento di conseguenze</i> alla base di un'interpretazione che si è messa in piedi da sola, in quanto nata e cresciuta in ginocchio alle dipendenze di chi ne ignorava la presenza e ne scongiurava l'esistenza. Nel migliore dei casi. S'è verificato il peggiore.</p></div>
<a name='more'></a><div><p>Diverse centinaia di volte gli emisferi hanno chiuso il giro su se stessi. <i>Anni</i>. Sono passati anni. Un'infinità di intramontabili secondi a scavare quanto non era roccia già in partenza. Anni. Mi sono deteriorato nell'inerte quotidiana presa d'atto che nulla è cambiato se non in peggio. E nemmeno la soddisfazione di potermi definire <i>io, peggiore</i>: la mediocre staticità di una muta regressione verso un'inossidabile chiusura in un me stesso sempre più povero e spento è la fotografia dell'insostenibile scorrere dei troppi giorni troppo lunghi di cui più per disperazione che per analisi prendo atto.</p>
<p>Ho imparato che non esiste un punto di rottura. Esiste, forse, la speranza di non accorgersi di averlo oltrepassato.Ma non si supera un punto assente dal tracciato, non si scavalca un limite perennemente un passo oltre e quella rottura finisce per diluirsi tanto in piccole costanti gocce di veleno al quale a lungo andare si diventa immuni. La resistenza umana supera l'immaginario, il temporaneo - ancorché in tensione - si fa permanente e l'armatura prende il posto del corpo.</p>
<p>Sapessi quanto m'è costato chiudere fuori il mondo, strappare l'ultima radice, fare tabula rasa per poi non voltarmi altrove, per guardarmi attorno attonito e solo e ridotto a minimo termine numero primo perché è facile, distruggere. Troppo facile quando hai alternative in tasca. E' quando non ne hai che t'accorgi quanto la distruzione sia diventata <i>essa stessa</i> l'alternativa. E' quando non hai più altro da distruggere che l'orologio si rompe.</p>
<p>Sapessi dare un perché al trascinarsi ignobile di questa rovina senza fine non sarei qui. Non sarei qui nemmeno se evitassi di chiedermelo. Il fatto è che da qui non esco, ho preso già a testate ogni muro senza trovare la porta. Mi sono anche illuso che recuperare il momento in cui qui mi sono imprigionato, per poterlo maledire ogni istante dell'infinito rimanente che m'asfissia, in qualche modo distraesse. Illuso, appunto. Ogni termine è scaduto, ogni tempo eroso dall'interno, scomparso. Un'atmosfera di sospensione senza ossigeno è l'eternità di quella che sembrava una situazione transitoria solo a occhi che sapevano definire un futuro. I miei non hanno visto che la caducità del momento trascorso, per consegnarlo all'oblio come non fosse sopravvissuto.</p></div>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-85811254892508163902012-11-12T18:15:00.000+01:002012-11-13T12:12:37.304+01:00andate e ritorni<div style="clear: both; margin: 0 auto; text-align: center;">
<img border="0" height="243" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3znnxfHrPuYGvQEy9x0CtATtMBWhplen5J3XJqpAZRM6f762hlxuTdd6wxo_egZYp82-N8tvJzq7lslVF1nGEUW1SP23ior_Jx7ESfMFtsthwj17S3nx9LXT0A-An9FHf6A2avGwkRx0/s400/screenshot.jpg" width="400" /></div>
<br />
<div style="background-color: #333333; border-radius: 4px; clear: both; font-size: 11px; font-style: italic; margin: 10px; padding: 8px;">
Oh, Starbuck! E’ un vento dolce, dolce, e un cielo dall’aspetto dolcissimo. In un giorno simile, di altrettanta dolcezza, ho colpito la mia prima balena: ramponiere a diciott’anni! Quaranta, quaranta, quarant’anni fa! Quarant’anni di caccia continua! Quarant’anni di privazioni e di pericoli e di tempeste! Quarant’anni sul mare spietato! </div>
<a name='more'></a><div style="background-color: #333333; border-radius: 4px; clear: both; font-size: 11px; font-style: italic; margin: 10px; padding: 8px;">Per quarant’anni Achab ha abbandonato la terra tranquilla, per quarant’anni ha combattuto sull’orrore dell’abisso! Proprio così, Starbuck, di questi quarant’anni non ne ho trascorsi a terra tre. Quando penso a questa vita che ho fatto, alla desolazione di solitudine che è stata, all’isolamento da città murata di un capitano che non ammette che ben poche delle simpatie della verde campagna esterna... oh stanchezza! oh peso! Schiavitù africana da comando solitario!... Quando penso a tutto questo, sinora soltanto sospettato, non ho mai veduto così chiaro, e come per quarant’anni non ho mangiato che cibo secco salato, giusto emblema dell’asciutto nutrimento della mia anima! Mentre il più povero uomo di terra ha avuto frutta fresca quotidiana ed ha spezzato il pane fresco del mondo invece delle mie croste muffose... lontano, lontano oceani interi da quella moglie bambina che ho sposato dopo i cinquanta, mettendo la vela il giorno dopo al Capo Horn e non lasciando nel cuscino nuziale che un’infossatura! Moglie? Moglie? Vedova piuttosto, col marito ancor vivo! Sì, quando ho spostato quella povera ragazza l’ho resa vedova, Starbuck. E poi, la pazzia, il delirio, il sangue in fiamme e la fronte bollente con cui, in migliaia di discese il vecchio Achab ha dato la caccia furiosa, schiumosa, alla preda, da demonio più che da uomo! Sì, sì, che stupido è stato per quarant’anni, che stupido, che stupido, che vecchio stupido, è stato Achab! Perché questo sforzo della caccia? Perché spossare, paralizzare il braccio al remo, al rampone, alla lancia? è più ricco o migliore, ora, Achab? Guarda. Oh, Starbuck! Non è duro che, con questo grande peso che porto, una misera gamba mi debba essere stata strappata di sotto? Via, tira via questi vecchi capelli: mi accecano che sembra ch’io pianga. Capelli tanto grigi vengono soltanto da ceneri! Ma sembro davvero molto vecchio, tanto, tanto vecchio, Starbuck? Mi sento stracco a morte, piegato,ricurvo come se fossi Adamo, barcollante dal tempo del Paradiso sotto il cumulo dei secoli. Dio! Dio! Dio! Spezzami il cuore! Sfondami il cervello! Beffa! Beffa! Amara beffa dei capelli grigi; ho forse provato abbastanza gioia da dovervi portare, e sembrare e sentirmi tanto insopportabilmente vecchio?
<br />Più vicino! Stammi accanto, Starbuck; fammi guardare un occhio umano, è meglio che guardare nel mare o nel cielo, è meglio che guardare in Dio. In nome della verde terra, in nome del focolare acceso! Quest’è lo specchio magico, marinaio; vedo mia moglie e mio figlio nel tuo occhio. No, no, resta a bordo, a bordo! Non ammainare con me, quando Achab, marchiato darà la caccia a Moby Dick. Tu non dividerai quel rischio. No, no! Non con la casa lontana che vedo in quell’occhio!
<br />
Oh, capitano! Capitano! Anima nobile! Grande vecchio cuore, dopo tutto!Perchè dovrebbe qualcuno dare la caccia a quel pesce maledetto? Vieni con me! Fuggiamo queste acque di morte! Torniamo a casa! Anche Starbuck ha la moglie e il figlio, moglie e figlio della sua fraterna e gioconda giovinezza come i tuoi, signore, sono la moglie e il figlio della tua amorevole e appassionata vecchiaia paterna! Vieni! Andiamo! Lasciami mutare la rotta all’istante! Con quanta allegria, con quanta gioia, o capitano, faremmo la corsa per rivedere la vecchia Nantuchet! Credo, signore, che ci siano altre dolci giornate come questa, a Nantuchet.
<br />
Ci sono, ci sono. Le ho vedute… certi giorni d’estate, al mattino presto. In questo momento -, sì, è la sua ora della siesta, adesso – il ragazzo si sveglia vivace: si siede sul letto e sua madre gli parla di me, di questo vecchio cannibale, che sono lontano, sull’oceano, ma che tornerò ancora per farlo ballare.
<br />
E’ la mia Maria, la mia Maria questa! Ha promesso che ogni mattino avrebbe portato mio figlio sulla collina perchè fosse il primo ad avvistare la vela di suo padre! Sì, sì! Basta! è fatto! Mettiamo la prora a Nantuchet! Vieni, capitano, studia la rotta, e andiamo! Vedi, vedi! La faccia del ragazzo alla finestra! La mano del ragazzo sulla collina!
<br />
Che cos’è mai, quale cosa senza nome, imperscrutabile e ultraterrena è mai; quale signore e padrone nascosto e ingannatore, quale tiranno spietato mi comanda, perchè, contro tutti gli affetti e i desideri umani, io deva continuare a sospingere, ad agitarmi, a menare gomitate senza posa, accingendomi temerario a ciò che nel mio cuore vero, naturale, non ho mai osato nemmeno di osare? E’ Achab, Achab? Sono io, o Signore, che sollevo questo braccio o chi è? Ma se il sole immenso non si muove da sè, e non è che un fattorino del cielo; se nemmeno una sola stella può ruotare se non per un potere invisibile, come può dunque questo piccolo cuore battere, e questo piccolo cervello pensare, se non è Dio che dà quel battito, che pensa quei pensieri, che vive quella vita, e non Io?Per gli dei, marinaio, noi siamo fatti girare e girare in questo mondo come quel verricello e il destino è l’aspa. E tutto il tempo, guarda! quel cielo sorridente e questo mare senza fondo! Guarda! Quell’albacora? Chi le ha messo in cuore di dare la caccia e mordere a quel pesce-volante? Dove vanno gli assassini, marinaio? Chi dovrà sentenziare, quando il giudice stesso è trascinato alla barra? Ma è un vento dolce, dolce e un cielo dolcissimo, e l’aria odora adesso, come se spirasse da prati lontani. Hanno tagliato il fieno chi sa dove sotto i pendii delle Ande, Starbuck, e i mietitori dormono ora in mezzo al fieno fresco. Dormono? Proprio, per quanto ci affatichiamo, tutti dormiremo alla fine su un campo. Dormiremo? Sì, e arrugginiremo tra il verde, come le falci dell’anno passato buttate e lasciate fra i mannelli mezzo tagliati, Starbuck.</div>
<br />
Giona template. Beta release. Coming.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-38365639659705708422012-10-31T15:59:00.001+01:002013-11-04T17:42:45.841+01:00a change of seasons<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img alt="" border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizvqsO8FSgGIj1oZhmQF-0gT9uLQkGpeyTvX-zA7SzwuIyjxCAZ_yMgkGWGfO-TguLXMDNqgfaStZBhI8IjzUUmM64lfp4h9IcrL2PQgnrNiT2oltE-ru65Mz1axg_dr3KIdGjHGYF-xM/s400/24102.jpg" title="" width="400" /></div>
Un anno che mi trascino intoccabili resti appresso. Testimoni di un cambiamento che non c'è stato, ricordo di una speranza tenuta in vita da null'altro che il modello RGB e qualche espressione intristita che ogni tanto non so spiegare.<br />
Sempre più notti abbracciano i giorni in un continuum che scorre via così, lento e ignorabile, a rilegare pagine di un libro noiosissimo.<br />
<a name='more'></a>
Il vento prima secco ora denso d'acqua strappa via ore e le aggrega agli elementi, le sospende tra la luna ancora grande a disegnare striature color luceattraversolanebbia e le ombre nervose che si rincorrono tra i lampioni.<br />
La miseria dei sorrisi, la pressione schiacciante dei giorni rubati, tempi biblici nel susseguirsi e algoritmici nell'ammassarsi. Discorsi validi solo nelle e per le loro interruzioni, come il distacco feroce del colpo di machete mancato tra un prima che non s'è fatto identificare e un dopo che nel prima era già incorporato.<br />
Dopo il fallimento la gestione commissariata di questa quieta disperazione, strisciante nella sua entità lieve e duratura, non è un imperativo ma una presa d'atto. Imposta. Sterile.<br />
Di fatto, interiorizzate le conseguenze, sui miei passi non ci sono tracce di intenzioni degne del nome.
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<br />
Ora fa freddo. Ora come da un po', da quel po' che ha rovesciato secchiate d'acqua autunnale sulla stagione così lunga e terribile che sembrava non volerci mai lasciare. Non ci si abitua mai ai frammenti di tristezza seminati dai mesi, dai quali crescono macigni e spazi per guardare attraverso non ne abbiamo più. Non in avanti, almeno.<br />
Sarebbe stato abbastanza già troppo fa, quando l'attesa d'andarmene affanculo via da qua - da <i>qualsiasi</i> qua - non aveva strumenti ma ardeva di intensa, muta speranza. Oggi è cenere sparsa lungo i chilometri che consumo a ogni rotazione terrestre tra un non luogo e un nessun luogo.<br />
Ricordi e congiuntivi imperfetti di periodi ipotetici si fondono in riflessi freddi nell'iride. La dannata certezza che al risveglio nulla girerà diversamente da come girava prima, il sollievo di scoprire che di definitivo c'è solo l'inutilità della definizione ma che dietro il provvisorio non ci sia granché. Oltre ancora meno.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-79227318405351851902012-03-16T23:49:00.001+01:002013-11-04T17:43:25.065+01:00RE:sist<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmAEmTVZ1D-W66RoZ3yskvjRx8KvOmqpHwGMkeSplzGNAu7OGoFRF3beZIcarOETQEfPlWL2qxrLLdi4_vTcrJaTsfhfhU3JA7gL-lpN6BIY7XgKQKrzePt9PNyVNZ2BWLsH0QCiXv6lg/s1600/rsst.jpg" /></div>
Stagioni che si fronteggiano dagli estremi del cerchio tagliato in dodici da un'ampiezza quasi eroica, ormai, se riavvolgi la timeline per ritrovarti il viso a sudest in una ripetizione che regredisce fino al distacco imposto nei condizionali di un periodo ipotetico declinato tra congiunzioni avversative che lo degradano a grossolana approssimazione di un insoluto ai danni del tempo, che non conosce indulto, men che mai l'amnistia che invoco da decenni.
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<a name='more'></a>Una memoria che <i>persiste</i>. Non <i>re</i>siste né <i>in</i>siste. <i>Per</i>siste, esiste con uno scopo e proietta il me trascorso col sole che crolla grossogrosso tanto più a destra, ora, a nord del confine, più attonito e meno propositivo della tua espressione quando hai visto gli esiti inseguirlo, poi superarlo, poi anticiparlo nella caduta. Qualcosa le rughe insegnano se ti sei voltato, stavolta, quando afferrarli per trattenerli significava farsi trascinare a fondo. Stavolta che dai le spalle e guardi il suolo, che al cielo ormai non credi più.<br />
Blocchi di partenza. Ancora. Ho raccolto i frammenti ma resisto a ricomporli. <i>Resisto</i>. Il bianco somma i colori per ore, prima di cedere al tramonto e bucarsi al crepuscolo. Una tensione che t'accorgi di aver sciolto dopo che ore a interrogarti sulla sua natura t'hanno dimostrato quanto sia più interessante attraversarla che tradurla.<br />
Tracciati di nuvole formano due X tra Marche e Umbria, elementi che si mettono di traverso per ricordarti che non sei <i>nessuno</i> finché esistono loro, polvere su ingranaggi che macinano altra polvere. La mia immagine riflessa convessa negli occhioni scuri e muti al centro di mille e mille parole che non penetrano se non come suono quel tuo scrutare curioso non sai cosa.<br />
Reportage dal niente, colori piatti di elementi noti fino all'inflazione. L'occhio umano distingue dieci milioni di colori, i canali RGB sedici, il verde in natura sfuma in trenta milioni di <i>verde</i>. Così il tuo rosso, che andrai a cercare dove non c'è e come il mio blu imparerai a richiamare per rifugiartici tra istantanee sublimate svincolate da ogni quando.<br />
Resistenza nella stasi.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-77127002906993709382012-03-01T22:55:00.000+01:002012-03-02T15:50:50.809+01:00zero<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2HbHVt3m1Ag7_FX9Rc9lG_vc6i6RRAR43b4Wc4ag9vm8qAfg7rt2iZyK3EVgkAV62OYut9LRWCAwiuV46alZX2z4iC6Ia2w2em3vq2ohTnEq5cMO7xRjwTxSv6WiQ43T4C6dFwuXrpwo/s400/h.jpg" width="396" /></div>
Battito sincopato nella stasi ipnotica delle voci basse. Un presentimento che avesse un colore, ora, con la luce diffusa che te lo incorpora dieci centimetri dietro gli occhi, lo sapresti declinare in notazione esadecimale ma dargli un nome, un <i>nome</i> è l'ultimo attributo che l'inutilità di questa semantica ostile legittimamente o meno mi nega. Nove sezioni della cupola celeste per un fine febbraio di inizio ad alto contrasto nella dissolvenza che sta consegnando il giorno a quello dopo. Caducità di un solipsismo.<br />
<a name='more'></a>Le temperature che t'aspetti a queste altitudini in queste stagioni ti restituiscono quel vuoto emotivo unica risposta a cosa su-cederà all'insulso qui e ora già allora. Magari, altrove. Negli sguardi immobili attorno nessuna traccia della condivisione di una disperazione qualsiasi. Un cielo che ormai ci unisce solo in questa rassegnazione. Il rumore basso continuo elettrico di qualche macchinario enorme che muove ingranaggi invisibili ma vicini dà voce alle ossature degli alberi spogli nel parcheggio deserto. La vita che si riproduce a venti metri dai tralicci dell'alta tensione.<br />
Trattengo il pianto alla base del naso, lo sento spingere alla periferia oculare e stringo i denti per chiamarlo indietro. Pensi alla <i>ciclicità</i> e alla <i>normalità</i> con cui certe cose girano da millenni nello stesso verso e quanto rasenta il ridicolo quella lettura da contesto di <i>eccezionalità</i> imposta dal momento in cui la vivi a livello epidermide. Ma un'interpretazione oggettiva era da chiederla dieci caffè, centinaia di pagine e una rotazione terrestre fa, quando ancora ci guardavamo emozionati. Poi preoccupati. Ora lottiamo contro la lentezza delle lancette, quanto ci vorremmo oltre. <i>Dopo</i>. Quanto. Uno strazio che spero ricorderai per dimenticare il dolore. L'hai già fatto per entrambi, con quanto hai in braccio ora. Io, dal lato forse giusto forse sbagliato della parete, aspetto di abbandonare ogni contegno fuori dall'uscita di sicurezza per farlo.<br />
Lo sconforto dell'alba dalle scale di emergenza. La neutralità della corsia vuota intrisa di neon che ignorano il chiarore che sta scoppiando su dall'Adriatico. Ti consegnano a <i>questo</i> mondo col sole che ancora non riscalda ma cresce. Boccheggi nell'hardware di vetro, lo sforzo di schiudere quei tagli lunghi per stupirti di quelle manine e io non vorrei dirtelo che quell'utero è stata l'ultima strada in discesa che da qui in avanti percorrerai. Una lama la prima immagine del mondo emerso, una metafora che non sposta di così tanto il significato. Il cuore è il primo organo che si attiva, l'ultimo che si ferma. La forma convessa delle nuvole ad arrotolarti la volta sopra il giorno zero. L'inizio perde importanza quando la fine è così lontana, della fine perdi memoria quando approda in un nuovo inizio.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-54008960201569726172011-10-10T00:12:00.000+02:002011-10-10T00:12:01.667+02:00da qui che si impara<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" height="232" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuJ6m7xQK8oOLRreARmwmsS48kVGKIwpyBzdOye8aJYgR1JjOWyqLb37E5nIDkEO-beVJENNF9W2mV8JZojXxn_H_HSfSMYQa31rqIJl56BUVS5Szlbc0veH70GPWRfhazEmuYzpC6Zwo/s400/Port_of_Vigo_by_lujop.jpg" width="400" /></div>
So che indietro si torna sempre e so che non ritrovi mai quello che indietro hai lasciato <i>come</i> indietro l'hai lasciato, esattamente come so che quella porta era un senso unico. So anche che se non posso mantenere in vita il tanto che senza troppa convinzione, prima, con violenza inarginabile, poi, m'era cresciuto attorno e addosso, quel tanto saprà fare a meno di me. Quindi so che il vincolo a una promessa mi impedisce di farne un'altra e l'ennesima ferita brucerà per mesi per questo, e solo da quanto t'ho stretto a me potrai capire quanto. So che il bello che ci si è edificato sopra resta bello, è tutto il resto che fa schifo. E' la proporzione tra i due a essere profondamente ingiusta.
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<a name='more'></a>So che la tempesta che ci strapperà un'estate che per anni rimpiangeremo è questione di ore. Siamo composti al 72,8% d'acqua, pensaci, all'incirca come la terra. E con tutta quest'acqua io quanto le ho maledette le improbabili vette che mò so <i>per certo</i> piangerò più di quanto già ho pianto nel lungo adiós che m'ha deteriorato. So di aver esagerato e che la vertiginosa gradazione alcolica ha chiuso il cerchio mettendomi in bocca più "quanto vi voglio bene" di quanti avrei dovuto pronunciarne ma non importa, importa - importo ovviamente in perdita - che le uniche parole che avrei dovuto <i>davvero</i> rivolgere a chi <i>davvero</i> le meritava sono state ingoiate da un'impostazione di protezione che per salvarmi un paio di volte m'ha privato di ogni presente. So che voglio che questo sia l'ultimo che le do in pasto, che mi sono preso il tempo per sbagliare tutto subito per convincerti a darmene altrettanto per raccogliere e ricomporre i pezzi ma il mio piano faceva pietà. Lo sapevo, per giunta. So che non ho maturato abbastanza diritti che possano legittimarmi a chiedere e so che saprò farmene una ragione, tanto quanto so quanto cazzo non l'avrei voluto. So che il mio battito cardiaco ti scuote e forse lo sai perché, ma per una volta lascio parlare lui che di mie, di parole, ne hai sopportate già troppe. So che ci siamo detti tutto, che <i>ti ho</i> detto tutto, e che t'ho fatto sentire sulla pelle l'esatto contrario di quanto mi costringevo a dirti perché lo sapevamo entrambi che tutto quel dire avrebbe avuto un senso solo se io e te non ci fossimo mai guardati negli occhi. Definizioni sterili che non hanno retto un secondo al vento della verità che le ha frantumate in punteggiature sparse di subordinate orfane. So che la luna che abbiamo visto nuova non la vedremo piena, che le coordinate spaziotemporali che ci univano si sono sgretolate e abbiamo finto di non accorgercene così come non ci siamo accorti di come stavano urlando ai nostri quattro punti cardinali e che di fronte abbiamo una mole di problemi immensamente più pesanti di cosa saremo <i>noi</i> domani. So che ho visto evaporare piani e programmi blindatissimi sotto l'intensità di una mancanza con la quale - nonostante i precedenti - non impari mai a convivere, so che andrà come deve andare e che nessuno aspetta nessun altro nella vita reale, io di qua tu di là, ma mai lo spazio è stato più psicologico che geografico di ora nonostante il numero di chilometri carico di cifre. So che sarebbe bastato davvero poco e le cose sarebbero andate diversamente, per quanto poi in realtà so che se non avessi saputo un cazzo avrei saputo vivere, invece di consumarmi.
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Poi so che ricorderò il tuo sorriso, per sorridere.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com036204 Vigo, Spagna42.2313564 -8.712447141.481147400000005 -9.9758746000000009 42.9815654 -7.4490196000000006tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-25646030864888461782011-08-28T17:41:00.000+02:002013-11-04T17:43:55.503+01:00.n#<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" height="267" width="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTZfY5mmy3QmKKgM0y8Qc2iOKe-cFZbAtzx2YZfSYJiS3QFGNUvwJ-vP4F9SAq3_SnW7v4nZCfTKR61wg0gVz8BPDYKUTGCt5CdTuy7vR58PcyW6Y6HxhsU1Ibe6zmi2Hquf6a-arKOMI/s400/IMG_3329.JPG" /></div>Mi ripeto in testa il più semplice dei motivetti in modalità più automatica che posso. Il più inutile pensiero in testa in un circolo compulsivo per scacciare – s<i>chi</i>acciare – tutti gli altri. Via quelle immagini da dietro gli occhi. Via tutte, subito. Resettatemi la memoria a breve termine, fatelo a impulsi ogni minuto. Vi prego. <br />
Brividi dal mare caldo, nero, dai piedi al ventre. La luna in decrescita che non l’avresti creduto ti rischiarasse ancora le mani, così vuote. Il respiro accanto al tuo a darti il tempo che maledici.<br />
Sempre così freddo, prima dell’alba. Sempre così buio. Un cimitero di lattine. <br />
<a name='more'></a><br />
Rileggo <i>ancora</i> il tuo messaggio in un display tristissimo che potrebbe averlo come wallpaper, tante volte l’ho visualizzato. Io che della psicologia femminile non ho mai capito un cazzo, ancora qui ad aspettarti.<br />
Me ne arrotolo un’altra e spero che si stia alzando un cambiamento tra me e un quanto che non so, che non chiedo, non voglio, non gestisco e non aspetto, che temo non riconoscerò se non quando mi trasporterà via.<br />
Settanta ore sveglio. L’alcool che ancora pulsa forte, in testa. Fitte alle tempie da mettermi in ginocchio. Non tornerai e non ti cercherò. Come darti torto. Un insegnamento per la prima di tutte le prossime volte.<br />
Non so dove tu sia né cosa stia facendo, ma questa luce è ogni volta uno spettacolo. Ti penso, mentre mi rapisce. Mi ci avvolgo e il mondo scompare. Il Conero si scrolla nebbia e notte di dosso, le intermittenze si fanno scafi e vele. Richiudo gli occhi e il cerchio mi stringe. Sento caldo, ora, finalmente. Lo sento in gola, tra le costole, sulle mani. Il tuo viso mi scompare nel nero e provo a inseguirlo, prima che le altre immagini lo inghiottano. La dissolvenza ti spegne come quando ti ho visto andartene. L'avessi saputo, che era per sempre, avrei risposto al rumore dei passi.<br />
Hai ancora chi su di te c'ha lasciato un pezzo di sé, a tanto mare di distanza. Pensare che credevano unisse, quando lo chiamarono così. Finirò per odiarti se non ti dimentico in fretta.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-92023930665579711332011-08-10T18:30:00.000+02:002011-08-10T18:30:24.265+02:00verano posteño<p>Nutrienti <i>post</i>umi per un torrido day after</p><div><object style="width:420px;height:298px" ><param name="movie" value="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v1/IssuuViewer.swf?mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Fdark%2Flayout.xml&showFlipBtn=true&documentId=110808150752-f8149a9bc5144287a6cb4313602119e8&docName=veranoposteno_def&username=asthorone&loadingInfoText=Verano%20Poste%C3%B1o&et=1312993795700&er=1" /><param name="allowfullscreen" value="true"/><param name="menu" value="false"/><embed src="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v1/IssuuViewer.swf" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" menu="false" style="width:420px;height:298px" flashvars="mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Fdark%2Flayout.xml&showFlipBtn=true&documentId=110808150752-f8149a9bc5144287a6cb4313602119e8&docName=veranoposteno_def&username=asthorone&loadingInfoText=Verano%20Poste%C3%B1o&et=1312993795700&er=1" /></object><div style="width:420px;text-align:left;"><a href="http://issuu.com/asthorone/docs/veranoposteno_def?mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Fdark%2Flayout.xml&showFlipBtn=true" target="_blank">Open publication</a> - Free <a href="http://issuu.com" target="_blank">publishing</a> - <a href="http://issuu.com/search?q=derupe%20prod" target="_blank">More derupe prod</a></div></div>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-2748740748617075132011-07-05T18:15:00.000+02:002013-11-04T17:44:25.346+01:00fiona, una storia di abbandono<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" height="266" width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsS6iagZruzBUUJzW3JQquncOKirhq4Nusu2WWIhZZS1YPUReNiXUkCeMvRXSmMHru5QWZ_k6oCaGC6MWUNLX7mM2Mx_r_bDEVv2NsSl6oGfnijkSzPJG3YUDmolWpRr1HLoKUVwWo0mA/s400/fiona.JPG" /></div><br />
Fiona batte bandiera maltese quando, con le ultime gocce di gasolio, l'armatore estone ordina agli undici dell'equipaggio il rifornimento al porto di Ancona. Salpati da Ravenna, restano a secco prima del gomito dorico. Rimorchiata e condotta al molo nord, Fiona non trova né carburante ad attenderla né denaro per tornare a casa. E' il 2009, l'armatore di Tallin scompare e i 72 metri da carico con i suoi russi e ucraini e estoni a bordo sono abbandonati all'ombra dell'arco di Traiano.<br />
C'hanno messo due mesi a rimpatriare, i marittimi. Ma Fiona è ancora lì, arrugginita in un infinito fin di vita al molo nord.<br />
<a name='more'></a><br />
Ci passavo ore a fissarla dal Guasco, in quelle ore inutili ipnotizzato dall'angolo giro di blu. Quel relitto senza più bandiera né vita abbandonato dall'armatore, dall'equipaggio, dai terrestri. Abbandonato al mare e ai gabbiani in attesa di affondare.<br />
E non l'ho mai saputa tradurre in pensiero quella sensazione che arrancava tra una costola e l'altra quando io e Fiona ci fissavamo, ma ritrovarla nelle stesse acque, oggi, sola con le sue lamiere, in quel porto dove ho lasciato ore del mio sgardo e centimetri cubici di apparato circolatorio, mi ha trafitto come anni fa. Per quell'abbandono. Per quella dignità con cui aspetta una morte che dubito mano umana le consegnerà. Per quel mare che le sta allungando le dita addosso. Per la controfunzionalità di un pezzo di metallo modellato non per galleggiare ma per tagliare le acque.<br />
Perché dai confini occidentali della regione, dove le nuvole sono tanto basse e veloci, dove l'orizzonte frastagliato scuro attacca il suolo al cielo e ti chiude in una sfera senza tempo, dove arrivano su strada ferrata i container che Fiona trasportava, da qua penso ancora a quei 72 metri da carico sulle sponde dell'Adriatico. Così, magari quell'abbandono, a Fiona, l'ho infranto. Ma non posso chiederle altrettanto.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-46786391496583222352011-05-17T22:30:00.002+02:002011-05-18T16:09:19.648+02:00osservazione superficiale inutile<img align="left" border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoT2l5-zBcZog4XKXT11bWNWHRCRStfe1DTPe1pxltbI9GBA-m424pzGBwBW4MJIElg81L4PyaLrMxHxfraUSvP1xSJuS6HiJBFlkqorCMN-7pK7nNI4GJlmymGgsbtOanfjtootvMhLk/s200/ssm.jpg" width="200" />Dopo il quanto, è il caso di ricordare il <i>dove</i>, perché l'after day non sia il day after e i piedi restino saldamente piantati nella melma di ieri e domani.<br />
Quindi, non per desaturarvi quel comprensibile patetico sorriso giacché non c'è un cazzo da ridere e mica da ora, ma quel <i>dove</i> è dove su dieci autoctoni potenziali otto sognano e/o progettano e/o sono in procinto di e/o non aspettano altro e/o rimpiangono una fuga sia alla terza che alla quindicesima tazza, e forse sono i più fortunati; uno ha il documento di viaggio in tasca e uno non gestisce più le connessioni logiche minime per collegare orrore e nuova vita come causa e soluzione del suo non riuscire nemmeno più a imprecare una delle tante vane divinità che disperate etnie hanno sovrapposto alla più squallida di substrato per non farlo schiodare dai 236mslm.<a name='more'></a><br />
Quel <i>dove</i> dove, comunque fosse andata, sarebbe stato un insuccesso, oggi che l'essere moderato è diventato un valore, che sarebbe curioso brevettarne una definizione tanto per farci ridere anche nonciclopedia, come se in questo mezzadrile stato pontificio decentrato nessuno si fosse accorto degli ultimi 150 anni che oltre a non farci ammainare quelle vergogne tricolori mai come negli ultimi ha sfigurato tanto volto e cuore di città e cittadini come in tempo di pace non si vedeva dal tardo medioevo.<br />
Quel <i>dove</i> dove non si fa distinzione tra le sponde scudocrociate alle ali del maledetto busto d'Eustachio, dove magari non è nemmeno colpa vostra - non vi sopravvaluto così tanto - ma l'unica <i>unità</i> e l'unico <i>vivere</i> di tantitroppisenontutti sono l'estenuante massacrante avvilente attesa della stanca rotazione nella speranza che sotto l'egida del meno peggio la rivoluzione terrestre si porti via in maniera rapida e indolore una dopo l'altra le sue sorelle, per trovarsi dopo sessantacinque lune invecchiati di sessantacinquemila e quasi non crederci che ieri erano <i>solo</i> ventiquattro ore fa.<br />
Un lustro fa. Un'era geologica fa. E siamo ancora solo all'età della pietra. <br />
<br />
<blockquote>«L'età della terra è stata stimata sui quattro miliardi di anni. Ci penso stamattina e sento il peso vertiginoso di un altro giorno da sopportare»</blockquote>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-91288906071421214962011-01-13T22:09:00.002+01:002011-05-17T22:58:54.562+02:00quanto non mi sei mancata<p>Quando m'hai lasciato a piedi nei meno dodici di Asgard io non pensavo a te, quando hai preferito abbracciare un autocarro piuttosto che farti abbracciare da me io ho rinnovato la promessa di odiarti, quando ho avuto sotto al culo spazzatura giapponese e perfino giocattoli per bambini d'italica fattura mi sono trovato più a mio agio che non sopra la tua obesa scocca che se i tuoi produttori costruivano carri armati nel tuo deprecabile DNA ne porti ancora le tracce, quando ubriaco e solo e al freddo e al buio e su strade sconosciute di un luogo ostile tra vegetazione da tundra e lupi e fottutissimi cinghiali e il sole a picco solo su emisferi e meridiani opposti ai miei ho calcolato tra il passo appena mosso e il letto più chilometri di quanti ne contavo vedendo ottuplice su una mano ho preferito l'orrore al riaverti ai miei piedi. <a name='more'></a><br />
E ora che c'hanno mio e nostro malgrado condannato a proseguire assieme questa disperazione finché frontale non ci separi, ti garantisco che riderò come non ho mai riso quando una pressa farà di te un cubo di un metro, quando la miseria del tuo inutile chilometraggio non sarà che un alone sul reverbero di un'eco di un evenescente e pallido flashback di un ingnorabile non ricordo da chiunque dimenticato. <br />
Là, dove sarai inghiottita dall'oblio, dove non sarai mai esistita, dove <i>tamquam non fuisset</i>, dove io e te saremo e saremmo stati ai poli opposti di pianeti opposti in galassie opposte senza possibilità scientifica di entrare mai e poi mai in collisione, dove ignorarti sarà un sentimento troppo intenso e uno sforzo che nessuno sosterrà là ci sarò io. <br />
Volevo solo un mezzo, m'hai portato la rovina. Quanto ti odio.</p>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-16305064941473183182011-01-08T16:52:00.001+01:002011-01-08T16:52:30.055+01:00mysfm<embed type="application/x-shockwave-flash" src="http://picasaweb.google.com/s/c/bin/slideshow.swf" width="400" height="267" flashvars="host=picasaweb.google.com&hl=it&feat=flashalbum&RGB=0x000000&feed=http%3A%2F%2Fpicasaweb.google.com%2Fdata%2Ffeed%2Fapi%2Fuser%2Famomhainvitato%2Falbumid%2F5559833465851595025%3Falt%3Drss%26kind%3Dphoto%26hl%3Dit" pluginspage="http://www.macromedia.com/go/getflashplayer"></embed>
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<a href="http://www.lorenzopaciaroni.it/wordpress/2011/01/miss-you-so-fucking-much/">Miss You So Fucking Much</a>
</p>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-54153810992479257682010-12-30T15:14:00.004+01:002010-12-30T15:21:51.594+01:00venga giano<p>
<img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;width: 141px; height: 142px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxhrEBlW_ZMX5N-8JFQ6fLFO-2ZMT6NJ9DYQ2s9jN1f4Yh2Rucep5pfTjB58tYBEI4oisdpz7QX0c3_cWMkQzmBbW0s005t0YPzYliyWQisX_wzZZOph6lN7ISAtiILFKC46EEZwt2-FE/s200/GIANO.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5556478832699972210" />
Da 2010 a 2011 cambia un numero.<br />
Nella logica binaria, 0 ha segno positivo e 1 negativo.<br />
Stando alla logica, questo era un anno positivo e tra poche ore entreremo in quello negativo.<br />
Assumendo che il sistema Booleano non abbia voglia di scherzare, se questo strazio che sta finendo lo ricorderò come <i>migliore</i> di quello che sta per assalirci, ho seriamente paura.<br />
Mithra non è stato magnanimo come mi auguravo. Almeno Giano ci assista, oltre a scorrerci sotto i piedi dal monte Maggio.
</p>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-50005829000927993102010-12-18T15:36:00.002+01:002010-12-18T15:38:49.815+01:00cronache di asgardUn'agghiacciante settimana nella città di Odino. Una sopravvivenza a fino meno dieci. Non comprenderò mai come abbiano pensato secoli fa a civilizzare orizzonti tanto ostili.
<embed type="application/x-shockwave-flash" src="http://picasaweb.google.com/s/c/bin/slideshow.swf" width="400" height="267" flashvars="host=picasaweb.google.com&hl=it&feat=flashalbum&RGB=0x000000&feed=http%3A%2F%2Fpicasaweb.google.com%2Fdata%2Ffeed%2Fapi%2Fuser%2Famomhainvitato%2Falbumid%2F5552025836232845777%3Falt%3Drss%26kind%3Dphoto%26hl%3Dit" pluginspage="http://www.macromedia.com/go/getflashplayer"></embed>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-13548665245983376692010-11-28T22:35:00.004+01:002011-05-17T22:59:12.685+02:00about:blankE' passato un millennio e vuoi farmi credere sia stato solo un anno.<br />
Una pausa sconfinata trasportata in un movimento che d'un tratto - e <span style="font-style:italic;">in un attimo</span>, paradossalmente - m'ha messo di fronte a un'<span style="font-style:italic;">altra</span> vita, costata un'infinità di secondi interminabili tanti <span style="font-style:italic;">troppi</span> quanti ce ne stanno nel millennio che s'è travestito da moto di rivoluzione terrestre per notificarmi che la precedente non produceva più effetti. Quindi c'erano tutte le buone ragioni di questo mondo per dimenticarla. Consegnare il tutto in busta chiusa all'oblio e mandare la memoria in prescrizione. Perché la fine <span style="font-style:italic;">non è</span> importante in <span style="font-style:italic;">tutte </span>le cose, solo in quelle che una fine la prevedono. Per tutte le altre, comprese le storie umane, l'importo è quasi sempre solo una perdita.<br />
Trecentosessantacinque volte ventiquattro giri sul quadrante e per tre quarti di queste una sola coppia di occhi che le conta. E prega ogni frazione di quei sessanta di lasciare succedere in fretta la successiva e giura al cospetto della bellezza infranta che se mai l'automatismo degli ingranaggi entrerà a regime questa coppia di occhi saprà guardare dove i due blu si baciano e non si volterà più indietro.<a name='more'></a><br />
Ma qualche legame reciso, qualche cicatrice, qualche anello al dito, qualche contenitore pieno di te e qualche promessa - già, la <span style="font-style:italic;">mia</span> promessa l'ho mantenuta - abitano ancora qualche vuoto che troppa materia perlopiù liquida e densa e graduata c'ho tuffato dentro per riempirlo ma sembra senza fondo.<br />
Il tempo non cambia le cose. E io non dimentico. E non potertelo dire. E la tristezza di consegnarlo a un server di Mountain View. E quel qualcosa che ora so per certo non si chiuderà più mentre volto le spalle alla linea frastagliata e di nuovo tragicamente alta dell'orizzonte.sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-4217805244821585832010-11-13T22:07:00.006+01:002011-05-17T23:00:31.301+02:00una dichiarazione di resa<img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 200px; height: 152px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMhLGISCIsH8QefYszW6NBkb0Oyn-tGuA2l8RmYo7UobMZdfuVdy8xxSW_0DHiw_oTqX8FgdBOoHWIRIw_5LUhbvQejBNsu0VUn8ZCeX6FMcp2EDPvpmLtqP9U_ntSswr-annJPvZ-hFE/s200/1.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5539153368586299138" /> <p>Limitando il campo alla sineddoche più bella, mi chiedevo come potesse essere la vita senza il mare. La vita senza il mare m'ha risposto che, <span style="font-style:italic;">semplicemente</span>, non è vita.</p><a name='more'></a><br />
<p>E', <span style="font-style:italic;">meno semplicemente</span>, <span style="font-style:italic;">un'esistenza</span> dove il verdemarronegrigionero sostituisce quel respiro blu che precede e sopravvive, perenne e dinamico, saturo e immenso, né in cielo né in terra su tre lati della superficie sferica. <br />
Una <span style="font-style:italic;">stasi </span>senza la rotazione schiumosa ondulata informe dai contorni così serenamente prevedibili, l'orizzonte che sfuma e impregna e imprime nei polmoni ricordi offuscati da un momento che s'espande fuori dal tempo. <br />
Un'<span style="font-style:italic;">assenza</span> consapevole che solo finché non ci stai <span style="font-style:italic;">dentro</span>, al mare, non sai cosa significhi fondersi, affondare, infondersi e fondare e quant'altro derivi o componga o etimologicamente sia figlio di quel fondo che in quel blu puoi solo immaginare, prima, sognare, poi. <br />
Un <span style="font-style:italic;">rimpianto </span>dallo sguardo fisso dove il blu non bacia il blu ma scompare dietro troppi ingombri che lo soffocano, troppe altezze a renderti insignificante laggiù ai margini, tu che stringi nel cuore quel poco che i sensi ti concedono di richiamare in memoria, quel <span style="font-style:italic;">poco</span> che era il tuo <span style="font-style:italic;">tanto</span>, quel tanto che fosse dipeso da te sarebbe stato il tuo <span style="font-style:italic;">tutto</span> e invece, nel troppo da cui sei sovrastato, scopri ch'era tanto solo per te. <br />
Un <span style="font-style:italic;">azzeramento</span> della bussola sotto un cielo che cade, la cupola che mi s'infrange addosso a ogni sguardo verso Est, a ogni 360° grado sull'asse, a ogni abbraccio tra giorno e notte, a ogni immagine a occhi chiusi di qualcosa che va <span style="font-style:italic;">aldilà</span> di questi cazzo di mille metri verticali e corre via finché la foschia non ne sfuma i confini inghiottendone i punti di fuga. <br />
Una <span style="font-style:italic;">sospensione</span> temporale durevolmente e dolorosamente provvisoria nella quale risvegliarsi desaturati, gli emisferi che s'allontanano tra loro, la realtà in perenne delay sui sensi, il grigio permeato di bianco da giorni e una pressione insostenibile sui tetti di-nuovo-e-ancora-e-quanto-ne-avrei-fatto-a-meno così bassi.</p><p>La vita che prova a riprodurre se stessa pure mò che il contesto offre ben altri scenari. L'asfalto bagnato sotto lo stesso cielo, chilometri a Occidente. Il muto rendering di un nonluogo dichiaratamente ostile a ogni sforzo di sopravvivenza. <br />
Non durerà poco e non sarà piacevole. <br />
Ne prendo atto e mi dichiaro sconfitto. </p>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-14904176589859609452010-09-15T14:32:00.004+02:002010-09-15T14:35:50.572+02:00ffwd<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.ffwdprod.com/img/flyer.png"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 300; height: 420px;" src="http://www.ffwdprod.com/img/flyer.png" border="0" alt="" /></a>
<span style="font-weight:bold;">FFWD, Sanseverino, 18 settembre 2010</span>
<br />Writing_Art_Music_People
<p><i>il writing per noi</i></p>
info: <a href="http://www.ffwdprod.com" target="_blank">www.ffwdprod.com</a>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-46433289652045086472010-09-10T22:34:00.005+02:002010-09-10T22:39:07.835+02:00/maʁ.sɛj/<embed type="application/x-shockwave-flash" src="http://picasaweb.google.it/s/c/bin/slideshow.swf" width="400" height="250" flashvars="host=picasaweb.google.it&hl=it&feat=flashalbum&RGB=0x000000&feed=http%3A%2F%2Fpicasaweb.google.it%2Fdata%2Ffeed%2Fapi%2Fuser%2Famomhainvitato%2Falbumid%2F5515219247120572929%3Falt%3Drss%26kind%3Dphoto%26hl%3Dit" pluginspage="http://www.macromedia.com/go/getflashplayer"></embed><br />
<a href="http://www.lorenzopaciaroni.it/wordpress/?p=623">Qua</a> la "didascalia".sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-89116246994423852932010-08-13T11:19:00.006+02:002011-07-23T15:30:41.720+02:00rientro in circolo<p>Preso atto dei brividi che la pelle m'ha notificato al cospetto di <a href="http://www.youtube.com/watch?v=SYNeFxSrjHU&feature=autofb" target="_blank">tanto spettacolo</a>, un ricordo s'è affacciato dai file audio immagazzinati e ha portato in primo piano questa traccia. <br />
Un tributo, sostanzialmente, ai king di Marsiglia. Era il 2000, google aveva in home page la mappa del mondo a segnalare la possibilità di accedere in <i>ben</i> dieci lingue ai suoi servizi e noi, ragazzini, pensavamo che a)Usando una base francese nessuno c'avrebbe mai sgamato e b)Visto quanto stavamo sotto col rap d'oltralpe e soprattutto quanto penavamo a trovarne in questa disperata coppia di vallate parallele d'un entroterra in caduta perpetua in un pozzo senza fondo di malessere, potesse essere un nostro contributo allo spingere qualcosa di buono. Le illusioni di gioventù si pagano tutte. <a name='more'></a><br />
Comunque, sulla base di <b>Domain c'est loin</b>, <a href="http://www.iam.tm.fr/" target="_blank">IAM</a>, buttammo giù questa traccia concentrando il peggio dei vari abusi che quegli anni gravati dalla <i>sindrome di fine millennio</i> ci restituivano. <b>Rientro in circolo</b>, il titolo della track di chiusura di quel demo significativamente intitolato <b>Viaggio interetilico</b>, una sorta di concept album che segnò anche la fine del progetto <b>Ultime Forze Rimaste</b>, startup di hardcore rap settempedana-tolentinate che oltre a un paio di demo su cassetta e a tanti soldi nelle tasche dei baristi e della Distilleria Varnelli SpA non ha prodotto. <br />
Qui sotto il player per azionare questa caduta di stile che, un decennio dopo, suona quasi commovente. Col relativo cattivo gusto della pioggia di watermark sonori che il software di conversione rigorosamente freeware m'ha giustamente apposto. Per quanto ne so, <b>RougeMC</b> (ma che fine hai fatto, frate'?) <a href="http://www.myspace.com/dublefass" target="_blank">non ha ancora smollato</a>. O meglio, i demoni non l'hanno ancora liberato. <b>Dj Triphaze</b> ha lasciato i Technics e i MAC, in quest'ottica, ma di abbandonare la produzione in senso lato non è stato in grado (vedi <a href="http://www.7piedi.it/store/index.php" target="_blank">qui</a> e <a href="http://www.123l.it/" target="_blank">qui</a>, oltre che un po' più sotto nei post recenti). Chi ci teneva con molta pazienza e altrettanto stomaco, visto come stavamo messi, nel suo studio, invece, <a href="http://www.myspace.com/alwayslovingjahsound" target="_blank">la sua strada l'ha percorsa</a> e ci sta ancora dentro. <br />
Io ho fatto la fine che ho fatto. Ammesso che sia questa, la fine. </p><embed src="http://www.lorenzopaciaroni.com/doc/rientroincircolo.mp3" autostart=false width=400 height=100></EMBED>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-87131125618490702952010-07-09T16:57:00.003+02:002010-07-09T17:01:17.494+02:00errore umanoOgni sviluppatore web lo sa, che il sistema non sbaglia e il codice non mente.
Se la macchina restituisce un errore, non è lei in errore. Mai.
Basta sapercelo.
<table style="width:auto;"><tr><td><a href="http://picasaweb.google.it/lh/photo/s_cbN6QQryW9NiyQ8wwNDw?feat=embedwebsite"><img src="http://lh5.ggpht.com/_Nf1z0UG8I6E/TDc312A6qcI/AAAAAAAABXk/MvWpLRHNnMI/s144/IMG_1671.JPG" /></a></td></tr><tr><td style="font-family:arial,sans-serif; font-size:11px; text-align:right">Da <a href="http://picasaweb.google.it/amomhainvitato/Calligrafia?feat=embedwebsite">calligrafia</a></td></tr></table>
info: <a href="http://www.hxgrp.com" target="_blank">www.hxgrp.com</a>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5996286020579211708.post-49863699246178950022010-06-29T19:10:00.000+02:002010-06-29T19:10:33.625+02:00artificivm<p>
Cercasi figura femminile per settimana di spettacolo di fuoco e fachirismo itinerante tra centri medievali dell'Appennino centrale. Gradita esperienza, anche minima, di giocoleria, possibilmente con fuoco. Bella presenza assolutamente non necessaria. Retribuzione a cappello, vincolante per tutto ciò che ne consegue. Gasolio in quantità. Tenore di vita infimo. Periodo indicativo: mese di agosto.
</p>
info: <a href="http://www.artificivm.com/">www.artificivm.com</a>sanzevereizproudhttp://www.blogger.com/profile/13316606160853090058noreply@blogger.com0