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sabato 30 aprile 2016

radici

Una luce bianca permea queste ore primaverili di transizione e attesa; un tappeto bianco di margherite, bianco il cielo. I cicli di vita in un fermo immagine, esistenze che si affiancano e si accompagnano e si allontanano e si avvicendano.
Le prime foglioline spuntano dal fusto minuscolo, quel verde come una risposta alla tanta cura di tanti mesi. Quando avrai la mia età quel fusto resisterà a venti ed elementi, ma oggi e domani sarò io a proteggerlo.
Io e te staremo assieme per sempre. PER SEMPRE. Sono passati vent'anni, c'ha messo tanto la vita a rispondermi. Oggi so come e dove parlare di per sempre.
Non ho occhi che per te, non vivo più per altro. Delle quattrocentosettanta lune sulle spalle non percepisco più che la lunghezza. La brevità da qui alla fine non m'ha mai spaventato, ma non m'ha reso la vita migliore.

Le lacrime agli ospedali sono uguali in tutti gli ospedali; ammesso che ne esista una misura accettabile ne ho viste troppe. Mani che stringono mani a novant'anni come a venti settimane. Ho imparato due parole nuove e ne ho dimenticate centinaia.
Ho bisogno di toccarti. Sono trascorsi mesi e ancora non riesco a staccarmi, forse non ci credo ancora del tutto.

Resisto alla tentazione di raccogliere una margherita. Il suo posto è a terra, le sue radici qui.
Non so dove metterai radici, Giona, ma so che il resto della vita lo passerò a proteggere quel pezzo di terra. Non importa dove, né quante volte quel dove si farà altrove. Quando non avrai più bisogno di confini e correrai nel vento non ricorderai queste montagne, riconoscerai i miei occhi che non hanno più lasciato i tuoi.

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