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sabato 13 novembre 2010

una dichiarazione di resa

Limitando il campo alla sineddoche più bella, mi chiedevo come potesse essere la vita senza il mare. La vita senza il mare m'ha risposto che, semplicemente, non è vita.


E', meno semplicemente, un'esistenza dove il verdemarronegrigionero sostituisce quel respiro blu che precede e sopravvive, perenne e dinamico, saturo e immenso, né in cielo né in terra su tre lati della superficie sferica.
Una stasi senza la rotazione schiumosa ondulata informe dai contorni così serenamente prevedibili, l'orizzonte che sfuma e impregna e imprime nei polmoni ricordi offuscati da un momento che s'espande fuori dal tempo.
Un'assenza consapevole che solo finché non ci stai dentro, al mare, non sai cosa significhi fondersi, affondare, infondersi e fondare e quant'altro derivi o componga o etimologicamente sia figlio di quel fondo che in quel blu puoi solo immaginare, prima, sognare, poi.
Un rimpianto dallo sguardo fisso dove il blu non bacia il blu ma scompare dietro troppi ingombri che lo soffocano, troppe altezze a renderti insignificante laggiù ai margini, tu che stringi nel cuore quel poco che i sensi ti concedono di richiamare in memoria, quel poco che era il tuo tanto, quel tanto che fosse dipeso da te sarebbe stato il tuo tutto e invece, nel troppo da cui sei sovrastato, scopri ch'era tanto solo per te.
Un azzeramento della bussola sotto un cielo che cade, la cupola che mi s'infrange addosso a ogni sguardo verso Est, a ogni 360° grado sull'asse, a ogni abbraccio tra giorno e notte, a ogni immagine a occhi chiusi di qualcosa che va aldilà di questi cazzo di mille metri verticali e corre via finché la foschia non ne sfuma i confini inghiottendone i punti di fuga.
Una sospensione temporale durevolmente e dolorosamente provvisoria nella quale risvegliarsi desaturati, gli emisferi che s'allontanano tra loro, la realtà in perenne delay sui sensi, il grigio permeato di bianco da giorni e una pressione insostenibile sui tetti di-nuovo-e-ancora-e-quanto-ne-avrei-fatto-a-meno così bassi.

La vita che prova a riprodurre se stessa pure mò che il contesto offre ben altri scenari. L'asfalto bagnato sotto lo stesso cielo, chilometri a Occidente. Il muto rendering di un nonluogo dichiaratamente ostile a ogni sforzo di sopravvivenza.
Non durerà poco e non sarà piacevole.
Ne prendo atto e mi dichiaro sconfitto.

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